Un monologo multimediale di e con Mario Migliucci
SINOSSI
Il giovane Francis Doublier, impiegato delle Officine Lumiére, viene spedito in giro per mezza Europa a far conoscere la nuova straordinaria macchina per le immagini in movimento. Impressionare su pellicola frammenti di realtà e allestire in loco regolari proiezioni cinematografiche, questo il suo delicato incarico. Da Lione fino a Mosca, dal nuovo zar, dove la sua macchina diventa sgradita testimone di un’assurda mattanza.
La morte cambia per sempre il suo sguardo, lo prepara alla bellezza dell’amore.
NOTE DI PRESENTAZIONE
“L’impressione che ci danno i primi film di Lumiére è di farci vedere il mondo con occhi diversi e ammirare, come dice Pascal, cose di cui non sapevamo ammirare l’originale.
Gente che passa per la strada, bambini che giocano, treni che corrono: null’altro che cose banali.
Per me è questa la cosa più importante: questo primo stupore.”
Un bel giorno ho letto queste parole di Eric Rohmer e mi ci sono ritrovato dentro.
Ho pensato alla mia sensazione quando esco da un cinema, dopo aver visto un bel film, e tutto mi sembra più nitido. Più il film è stato bello, più i contorni del mondo esterno si fanno chiari e attraenti.
È come se tutto dicesse: guardami.
Prima di entrare a comprare il biglietto era tutto più confuso, tutto più affastellato.
Ora anche il disordine mostra tutta la sua armonia.
Un bravo lavavetri per qualche soldo ha pulito la visuale.
Un bel giorno ho letto queste parole di Rohmer e ho pensato ai suoi film, quelli che ho visto.
Ho sentito come ogni millimetro di immagine fosse pieno di quel primo stupore. Pieno e leggero.
Uno sguardo aperto e accogliente.
C’è questo per me dentro la storia di Francis Doublier, operaio delle Officine Lumiére, inviato in giro per l’Europa a far conoscere la nuova sensazionale invenzione, il cinematografo.
C’è stato per davvero questo inizio, c’è sempre per davvero un inizio, un primo sguardo sulle persone e le cose. Da una vicenda biografica sommariamente conosciuta si può partire allora a immaginare una storia con paesaggi e figure. Non certo un resoconto tecnicamente dettagliato della missione pionieristica dell’operatore Doublier, ma un racconto romanzato del suo viaggio di conoscenza.
Da Lione in giro per mezza Europa a far conoscere la nuova portentosa macchina da presa e allestire in loco regolari proiezioni cinematografiche. Fino a finire sul Baltico, dove non c’è altro da fare che filmare bagnanti. Per fortuna che ci sono due simpatici ragazzi, lì a Sopot, sul Baltico. E Margit, la loro dolce sorella.
Prima però c’era stata Mosca, l’incoronazione dello Zar e una grande festa diventata un’orrenda mattanza. Erano stati testimoni sgraditi, Francis e la sua macchina in quell’occasione.
Gira per il mondo Francis Doublier, lui che il mondo se l’era solo sognato.
Gira con la sua straordinaria macchina, quella che cattura il mondo e lo copia su pellicola.
Vede tutto Francis Doublier, vede tutto come non l’aveva mai visto.
Vede bambini giocare, ragazze sorridere, uomini morire.
Vede altro Francis, vede altro come non l’aveva mai visto.
Con la sua straordinaria macchina, quella che fa le immagini.
Francis Doublier perde la sua innocenza, la verginità del suo essere.
È la forza della morte a prendersela, a cambiare per sempre il suo sguardo.
La vita attorno a lui diventa un’immagine impressa su pellicola.
Un doppio che regala un senso, che prepara all’incontro con la bellezza.
Si vuole qui raccontare la storia di Francis, dunque.
Sarà egli stesso a dar corpo e voce all’uomo dietro la macchina da presa.
Qui e ora.
Come il treno che arriva in stazione, come l’uomo in bicicletta, come i ragazzi che giocano a palle di neve.
Come un immagine muta in movimento.
Come il nostro essere spettatori del mondo.
In questo capannone fino a qualche anno fa depositavano legname, grazie ai Lumiére adesso si depositano emozioni.
Ingombrano di meno però, e se le devi trasportare da un posto all’altro non ti spezzano la schiena.
Mario Migliucci
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