ACTARUS

28.5.15 ,
Teatro Biblioteca Quarticciolo 16 maggio 2015
ACTARUS. La vera storia di un pilota di robot
di DoppioSenso Unico e Claudio Morici
con Luca Ruocco e Ivan Talarico
reading galattico di DoppioSenso Unico dal romanzo di Claudio Morici in anteprima mondiale. Con la loro recitazione forzata ed innaturale Luca Ruocco ed Ivan Talarico danno voce ad Actarus e agli altri personaggi del romanzo di Morici (Meridiano Zero edizioni, 2007), che reinterpreta il mito originale giapponese in chiave decadente e sarcastica. Intervallati dalle musiche originali del cartone animato Ruocco e Talarico distruggeranno il male senza muoversi dai loro leggii.

EMINA OrfaniRoboT: un ORFANOROBOT e l’ANIMEUCRONIA

28.5.15 ,
Teatro Biblioteca Quarticciolo 15 maggio 2015
con Davide Tarò / Overcast
EMINA OrfaniRoboT: un ORFANOROBOT e l’ANIMEUCRONIA
performance live dell’autore Davide Tarò con musiche originali degli Overcast che leggerà (col volto nascosto dalla maschera da OrfanoRoboT) ampi stralci dal suo romanzo EMINA OrfaniRoboT (001 Edizioni).

di e con Daniele Timpano
ECCE ROBOT! Cronaca di un’invasione – ritorna a Roma lo spettacolo Cult sulla Goldrake Generation scritto, diretto interpretato da Daniele Timpano nel 2007. Ispirato liberamente all’opera di Go Nagai (Jeeg Robot, Mazinga, Goldrake) lo spettacolo ripercorre per frammenti l’immaginario eroico di una generazione cresciuta davanti alla TV nell’Italia delle stragi, del rapimento di Aldo Moro, delle Brigate Rosse, dell’ascesa di Silvio Berlusconi e delle sue televisioni. Tra resoconto delle trame dei singoli episodi dei cartoni giapponesi (con particolare attenzione per la trama di Mazinga Z) e ricostruzione storica di un’invasione (quella dei serial nipponici nei palinsesti pubblici e privati, ma anche quella della televisione dentro le nostre teste), lo spettacolo è il divertito e autocritico racconto di una generazione che, ignara di vivere negli anni di piombo, cresceva tra robot d’acciaio.

un progetto di Daniele Timpano e DoppioSenso Unico Una piccola rassegna che si propone di investigare, attraverso l’esplorazione di alcune produzioni artistiche originali (letterarie, teatrali, musicali) l’influenza su alcune generazioni di italiani, cresciuti tra gli anni 70 e gli anni 80, di questo ampio corpus insieme mitico e mass-mediatico costituito dall’animazione giapponese. Un corpus mitologico contemporaneo che ha nutrito l’immaginario di quella che oggi è la generazione dei più o meno quarantenni, la generazione dei precari, dei “lavoretti”, dei “mille euro al mese” (quando sono fortunati). Era questo il mondo che ci avevano promesso da bambini? Era questa l’Italia a cui andavamo incontro? Goldrake age addio, addio happy days.

Ecce Robot!

26.5.15 ,
Teatro Biblioteca Quarticciolo 15 maggio 2015
ECCE ROBOT!
di e con Daniele Timpano
Cronaca di un’invasione – ritorna a Roma lo spettacolo Cult sulla Goldrake Generation scritto, diretto interpretato da Daniele Timpano nel 2007. Ispirato liberamente all’opera di Go Nagai (Jeeg Robot, Mazinga, Goldrake) lo spettacolo ripercorre per frammenti l’immaginario eroico di una generazione cresciuta davanti alla TV nell’Italia delle stragi, del rapimento di Aldo Moro, delle Brigate Rosse, dell’ascesa di Silvio Berlusconi e delle sue televisioni. Tra resoconto delle trame dei singoli episodi dei cartoni giapponesi (con particolare attenzione per la trama di Mazinga Z) e ricostruzione storica di un’invasione (quella dei serial nipponici nei palinsesti pubblici e privati, ma anche quella della televisione dentro le nostre teste), lo spettacolo è il divertito e autocritico racconto di una generazione che, ignara di vivere negli anni di piombo, cresceva tra robot d’acciaio.

un progetto di Daniele Timpano e DoppioSenso Unico
Una piccola rassegna che si propone di investigare, attraverso l’esplorazione di alcune produzioni artistiche originali (letterarie, teatrali, musicali) l’influenza su alcune generazioni di italiani, cresciuti tra gli anni 70 e gli anni 80, di questo ampio corpus insieme mitico e mass-mediatico costituito dall’animazione giapponese. Un corpus mitologico contemporaneo che ha nutrito l’immaginario di quella che oggi è la generazione dei più o meno quarantenni, la generazione dei precari, dei “lavoretti”, dei “mille euro al mese” (quando sono fortunati). Era questo il mondo che ci avevano promesso da bambini? Era questa l’Italia a cui andavamo incontro? Goldrake age addio, addio happy days.

Se cadere imprigionare amo

26.5.15 ,
Teatro dell'Orologio 21 maggio 2015 Festival "Inventaria"
SE CADERE IMPRIGIONARE AMO
scritto e diretto da Andrea Cramarossa
Interpreti: Isabella Careccia, Silvia Cuccovillo, Federico Gobbi, Patrizia Labianca, Domenico Piscopo.
Teatro delle Bambole
Spettacolo teatrale di ricerca con reminiscenze kafkiane racconta, in maniera originale e toccante, di sentimenti, relazioni sociali, meccanismi e dinamiche che ci uniscono, per nostra volontà o contro il nostro volere, tenendoci “legati”. La drammaturgia, che tesse le trame fitte di quella tela che è “Se cadere imprigionare amo”, risulta un misto di dichiarata poesia e narrazione dissonante. La storia prende avvio dal sogno di un bruco addormentato nel suo bozzolo. Seguiamo la sua metamorfosi da un vivere ripugnante e strisciante ad un vivere saltellante e svolazzante.
Protagonista una madre che decide di lasciare i propri quattro figli per sempre. L’abbandono precede la caduta, l’omicidio, la perdita. Di queste persone rimane solo la menzione in un articolo sgrammaticato di un quotidiano di provincia, nella pagina della cronaca nera.
In scena quindi farfalle e blatte intrappolate nella tela di un ragno che tesse parole incomprensibili, metafora di una grande società composta dagli stessi protagonisti. Questi cercano di ribellarsi, ma non riescono ad uscire, volare, accettare il cambiamento della trasformazione. Spesso sono vittime del proprio racconto. A volte riescono a vincere grazie alla loro bellezza, altre a dispetto della bruttezza di chi si professa innocente e viene ingiustamente condannato per atti che non ha commesso. Tutti però rimangono imprigionati nel tentativo estenuante di trovare un’identità possibile. La “quarta parete” viene continuamente abbattuta e ricostruita: gli spettatori entrano così direttamente nel gioco della metamorfosi, talvolta condotto attraverso atti demenziali, talvolta con drammaticità, sfociando spesso nel senso di un vivere grottesco. Ne risulta una pièce al limite dell’assurdo, a tratti comica, ferale e sempre dinamica.
Dall'incesto alla pedofilia, dall'innamoramento alla schiavitù, dall'antropofagia alla solitudine, ciascun personaggio vive la propria realtà portando con sé un segreto che solo il pubblico potrà svelare. Qualcosa, però, può anche andare storto e ciò che consideriamo bello (farfalle) può anche esser letale a differenza di ciò che comunemente viene preso per brutto e repellente (blatte e scarafaggi).
NOTE DELL’AUTORE
Lo spettacolo nasce dal progetto di ricerca “La lingua degli insetti // Cofanetto 3: La Caduta”. L’approccio al mondo immenso e misterioso degli Insetti, mi ha permesso, con stupore, di lasciarmi suggestionare dagli stimoli sensibili dei loro micro movimenti, del loro esistere, del loro “sentire”, aprendo lo sguardo su possibili connessioni con il mondo altrettanto misterioso degli esseri umani. Così, da sempre alla scoperta dell’arte coerente con la percezione sensoriale dell’umano sentire, ho potuto avvicinarmi, non senza difficoltà ma con enorme fascinazione, a quello che amiamo definire “sesto senso”, il senso impalpabile di molti animali – forse anche delle piante – insetti compresi. Del progetto di ricerca “La lingua degli insetti”, fanno parte il “Cofanetto 1: L’Urlo” (Imenotteri - Vincitore del FAP, Festival delle Arti Performative) e il “Cofanetto 2: Lo Strappo” (Coleotteri). Il “sesto senso” ha guidato l’intero gruppo di ricerca verso un approdo più strutturato, il mondo dei Lepidotteri e dei Blattidi (farfalle, blatte e scarafaggi), per osservare, assaporare, innamorarsi della trasformazione e della metamorfosi.

Petimus Rogamus

25.5.15
Teatro Tordinona 29 Aprile 2015
PETIMUS ROGAMUS
scritto da Marco Bilanzone e diretto da Lorenzo Montanini.
Con Carlotta Piraino, Daniel Plat, Mersia Valente, Diego Venditti
Semifinalista Roma Fringe Festival 2014 (nomination miglior regia)
Commedia grottesca su una società sempre più strutturata per preconcetti e pregiudizi. Istantanea di un uomo e una donna intrappolati nei loro sorrisi, in gesti ripetuti all’infinito, come burattini di un incantato carillon, maschere grottesche racchiuse nel caleidoscopio colorato di un gioco per bambini. La loro esistenza è condizionata dal Tempo scandito dal potere ancestrale di una papessa nana, chiamata ad oliare il sistema perché continui a girare senza sosta. Accanto a lei un uomo solo, maggiordomo del potere, un po’ schiavo, un po’ pazzo che grida e canta gioia e disperazione della sua solitudine, prima di tornare anche lui a farsi ingranaggio di quel motore che trita tutto, amore, felicità e ragione. Due linguaggi teatrali diversi, due viaggi distanti e paralleli, attraverso la solitudine dell’uomo.

Rapsodia in Gershwin

25.5.15 ,
Teatro di Villa Torlonia 16 maggio 2015
Rapsodia in Gershwin – frammenti di blu
atto unico di Cinzia Villari e Gisa Ottaviani
da un’idea di Gisa Ottaviani
con Cristina Aubry e Gisa Ottaviani
M° Riccardo Biseo pianoforte
La Bilancia
E’ un atto unico, fusione tra parola e jazz, nato come omaggio a George Gershwin: sensazioni, ricordi, frammenti di vita dell’autore, attraverso le varie tappe della sua carriera. Sono parole in musica che si alternano a melodie celeberrime dell’autore, il tutto concepito e proposto in una inusuale dimensione intima ed introspettiva.

La strega

25.5.15 ,
Teatro dell’Orologio 17 Maggio 2015 Teatro Cargo di Genova
LA STREGA
di Laura Sicignano (dal romanzo "La chimera" di Sebastiano Vassalli)
regia Laura Sicignano
con Fiammetta Bellone
musiche Paolo Vivaldi
luci Enzo Monteverde
Antonia si trova davanti all'Inquisitore, una fila di testimoni depone contro di lei, ma le vere ragioni della condanna stanno altrove.
Siamo forse in una stalla. Ovunque delle rosse mele profumate. Una misteriosa narratrice, (una strega?) a lume di candela ci racconta la storia di Antonia.
In una notte di gennaio del 1590, una bambina viene abbandonata davanti all'ingresso della Casa di Carità di Novara. Antonia Spagnolini, così battezzata per via degli occhi e dei capelli nerissimi, cresce in Istituto per orfani. Siamo nell'epoca della Controriforma in un villaggio della Bassa.
Un paesaggio popolato da figure dimenticate: camminanti, risaroli, banditi, mercenari, dementi, boia, pittori di edicole, falsi preti e predicatori fanatici, comari pettegole e litigiose… Sul conto di Antonia iniziano a circolare voci orribili: la si accusa di essere una strega; quando Antonia, per amore, inizia a scomparire nel bosco tutte le notti, la gente del paese si convince che partecipi al Sabba. Da qui il processo. Antonia si trova davanti all'Inquisitore, una fila di testimoni depone contro di lei, ma le vere ragioni della condanna stanno altrove. Nel settembre del 1610, tra festeggiamenti ed esplosioni gratuite di odio, Antonia viene condannata al rogo. Attraverso la storia di una strega - un po’ vera e un po’ inventata come erano le storie delle streghe - lo spettacolo rievoca le persecuzioni che hanno travagliato la nostra storia, ma anche la vicenda umana di una donna che, a causa delle sue particolari virtù, viene condannata dalla collettività.

Io ti so

25.5.15 ,
Teatro dell’Orologio 17 Maggio 2015
Rassegna INVENTARIA
IO TI SO
scritto e diretto da Andrea Panichi
con Camillo Marcello Ciorciaro e Andrea Panichi
In uno spogliatoio vuoto di una squadra di rugby due amici giocheranno l'ultima ora del loro rapporto.
Andrea e Camillo sanno di indossare delle maschere sociali e hanno la consapevolezza che questa sia ben nota al compagno, quello che fanno finta di nascondere a se stessi è ciò che si cela dietro la maschera dell'altro e nel momento in cui queste cadranno saranno tenuti ad accettare, nonostante le "messe in scena" per nasconderlo, chi sia davvero la persona che hanno di fronte. Questo li porterà dunque a prendere la loro ultima decisione.
Ho deciso di utilizzare, come metafora, il gioco del rugby perché credo sia uno sport valido a veicolare la dicotomia che intercorre tra Andrea e Camillo, ambasciatori di tutta la società, fatta di scontro, lotte e prevaricazione che li vede al contempo vittima e carnefice.
L'azione si svolge nello spogliatoio di un campo da rugby; la scena è scarna, con due sole panche, perché non mi interessava ricreare uno spogliatoio vero, così come le dinamiche che intercorreranno tra i due, grottesche a volte, sono usate per estremizzare e riproporre scenicamente una realtà quotidiana.
Il testo ha vinto il Bando Nuove Drammaturgie promosso dal Teatro Biblioteca Quarticciolo ed è stato finalista nel Premio DARTS Sezione Drammaturgia.

Letterature Partigiane

25.5.15
Casetta Rossa 11 maggio 2015
Letterature Partigiane
Si è svolto a “Casetta Rossa” alla Garbatella, l’incontro “Letterature Partigiane”, con il famoso attivista e scrittore messicano Paco Ignacio Taibo II, con Paloma Saiz, Erri De Luca, Gianni Minà , Pino Cacucci e Federico Mastrogiovanni.
A Città del Messico la "Brigada para leer en libertad" svolge da anni il suo impegno per garantire a tutti i cittadini l’accesso alla lettura, alla cultura, alla libertà.
La Brigada ha compiuto i suoi cinque anni dalla costituzione e promuove cultura e letteratura attraverso l'edizione e la pubblicazione, e la distribuzione gratuita di libri, e con svariate forme di diffusione.
In questi 5 anni, 500mila libri sono stati donati; oltre 4 milioni sono stati posti in circolazione attraverso tianguis (bancarelle); sono state organizzate un migliaio di conferenze, e creata l’iniziativa di mettere a disposizione libri da leggere durante i viaggi in metropolitana.
L’intento di questo incontro a Casetta Rossa, che già da tempo è su questa strada, è di costruire anche qui in Italia le Brigate per leggere in libertà.
La verve di Paco e la partecipazione di Erri De Luca, la passione per l’America Latina che accomuna grandi scrittori e giornalisti quali Pino Cacucci, Gianni Minà e Federico Mastrogiovanni, hanno reso l’incontro indimenticabile.
Sono stati presentati i libri di Pino Cacucci, ”Quelli del San Patricio” , e “Ni vivos, ni muertos” di Federico Mastrogiovanni.

www.casettarossa.org
www.brigadaparaleerenlibertadcom

Uomini terra terra

25.5.15 ,
TEATRO DUE 12 MAGGIO 2015
UOMINI TERRA TERRA
di Giorgio Cardinali
regia Sara Greco Valerio
con Giorgio Cardinali
musiche composte ed eseguite da Piero Larotonda
supervisione di Giancarlo Fares
Ass. Teatro Azione – L’Aquila
6 aprile 2009, un terremoto di magnitudo 6.3 distrugge L’Aquila e uccide 309 persone.
Lo spettacolo affonda la sua azione di denuncia civile in una modalità di racconto a due voci piuttosto atipica, giullaresca, vicina al lavoro del cantastorie che si accompagna con musica dal vivo. Oltre la giostra vorticosa della mancata ricostruzione e dei protagonisti legati al potere politico e scientifico, il racconto, simile alle narrazioni dei nonni, getta luce su una storia che pochi conoscono, quella taciuta dal caos mediatico.

Absolute beginners

25.5.15 ,
TEATRO DUE 14 MAGGIO 2015
ABSOLUTE BEGINNERS
itinerari scenici Gesualdi / Trono
itinerari drammaturgici Loretta Mesiti
con Giovanni Trono, Alessia Mete, Marzia Macedonio e Anna Gesualdi
Ass. ARTEGRADO / Compagnia TEATRINGESTAZIONE – NapolI
Progetto DE.MO./MOVIN’UP a cura di Mibac e GAI – Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani Una meditazione filosofico-visionaria sui confini identitari, politici, fisici, linguistici, in tensione verso la loro dissoluzione, affinché estraneo e familiare possano poi rimarginarsi in una nuova traccia, che porti in sé l’orizzonte che si prospetta di fronte al cammino di una nuova comunità da fondare. La struttura scenica si sviluppa come un’opera di costruzione, un unico paesaggio in cui gli attori, come operai della visione, dischiudono inattesi panorami poetici… Il nucleo narrativo è affidato al testo La Radice, opera di Loretta Mesiti e alle suggestioni della poetessa Ingeborg Bachmann

Oltremare

18.5.15 ,
Carrozzerie_n.o.t 8 Maggio 2015
OLTREMARE
Testo Giorgio Serafini Prosperi
Regia Giles Devere Smith
Con Caterina Casini e Alessandro Marmorini
Scene Maria Inferrera
Tecnica Mattia Barni
Grafica Stefania Lucioli
“Oltremare” è un spettacolo sulla memoria che si affievolisce e sull'inaffidabilità degli ideali politici.
Anna fa fatica a ricordare il suo passato, mentre il suo compagno Slobo vacilla per la stanza come una bussola oscura, snodata, rigida, senza una direzione. Sono una coppia di Lear infuriati, rannicchiati insieme nella loro stanza dimenticata, galleggianti, alla deriva, mentre nuotano tra passato e presente, tra la rabbia e la stanchezza. Il loro mondo è freddo, compatto e aggrovigliato. Occhi come lampadine che sbiadiscono, sputando intimi scambi –
"Non ho mai detto a mio figlio " "che?"
"Non ho mai detto a mio figlio che lo amavo" "Non sono cose si dicono ai figli" Meraviglia la loro vivace capacità di vivere nel passato mentre i loro corpi decadono, conservando appena appena abbastanza energia per sviscerare la storia.
Non volevo dirigere un spettacolo storico, documentaristico, ma piuttosto una commedia contemporanea sui conflitti irrisolti. Se il nostro passato non è in discussione, se la crudeltà e le ingiustizie che ci sono inflitte rimangono inespresse, dove siamo noi come persone? I protagonisti non sono italiani, non sono croati, sono ormai lontani da questa storia brutale. Così ho scelto di ricercare la loro umanità ora, nel presente, dopo che la tirannia è stata lasciata alle spalle. Che cosa rimane? Fragilità, rabbia, paura e solitudine. Questo è ciò che rimane, quando siamo privati dell'umanità, quando siamo trattati e quando trattiamo le persone come animali.
Il grande regista italiano, Giorgio Strehler, una volta disse: "sopra di tutto, ci sono tutti". Se solo potessimo imparare a ricordarlo!

Francesca Sana Subito

18.5.15 ,
Nuovo Cinema Palazzo 7 Maggio 2015
Francesca Sana Subito
Scritto e interpretato da Claudio Morici
con Ivan Talarico alla chitarra onomatopeica
Sei del mattino. Un infermiere psichiatrico riempie il quaderno “delle consegne” con la speranza di far chiudere un occhio al suo capo, che arriverà di lì a poche ore, su una notte davvero turbolenta. Giorni prima Francesca, la “paziente più buona del mondo”, ha tentato il suicidio e gli altri pazienti hanno reagito in modo imprevedibile. L’infermiere, scrivendo, si troverà costretto a giustificare più di una verità su cosa succede ed è successo in clinica. Come le bottiglie di vino a terra, lo striscione con su scritto “Francesca sana subito” e addirittura il fatto che lui non sia un vero infermiere…
Claudio Morici racconta la paura di impazzire e la disattenzione della normalità attraverso una storia tenera, comica e drammatica. Con una modalità narrativa inusuale, a metà tra il reading e il teatro.

NaMolletta

18.5.15 ,
Teatro Biblioteca Quarticciolo 9 maggio 2015
NaMolletta
di Emiliano Valente e Antonella Bovino
con Emiliano Valente
Associazione culturale TiConZero
La vera storia della nascita della molletta come nessuno ve l’ha mai raccontata, e come nessun altro avrà mai il coraggio di farlo. Protagonista della storia David M. Smith, inventore della prima molletta. Immaginatelo nel 1852 alle prese con due legni e una molla, immaginatelo mentre costruiva l’oggetto più usato al mondo e poi provate a immaginare tutto quello che oggi viene costruito e inglobato nell’era della rivoluzione tecnologica. Immaginatelo. Adesso che l’avete immaginato dimenticatelo, perché tanto non vi servirà. Immaginate ora Smith catapultato nel 2014 per creare l’oggetto che stravolgerà la vita di tutti gli umani nei prossimi due secoli: una usb da narice? Gli occhiali smartphone? I condizionatori da ascella? Scarpe a motore? Immaginatelo e trovate voi una risposta.
NaMolletta è la storia incivile dell’uomo alle prese con la sua voracità, con la sua nuova necessità di avere e distruggere nello stesso istante, è la storia senza impegno dell’uomo che insegue la verità, crede di raggiungerla ma non riesce a tenerla ferma sul suo filo. La molletta è metafora del complottismo, è presa di coscienza di un’umanità alla deriva, è la nostra incapacità di prendere, è il simbolo del nostro restare appesi come una maglietta bagnata aspettando il sole, aspettando il vento, aspettando…semplicemente che si asciughi. Per fare un albero ci vuole un seme, ma per fare il seme dipende da che albero è.

Generazione disagio

18.5.15 ,
Teatro India 10 maggio 2015
lo spettacolo vincitore del PLAYFESTIVAL 1.0
GENERAZIONE DISAGIO
Dopodiché stasera mi butto
di e con Enrico Pittaluga, Graziano Sirressi, Luca Mammoli, Alessandro Bruni Ocaña
regia Riccardo Pippa (anche co-autore)
Proxima Res
Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea
in collaborazione con Teatro di Roma
ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili
Domenica 10 maggio (ore 21) al Teatro India debutta GENERAZIONE DISAGIO – Dopodiché stasera mi butto, lo spettacolo vincitore della prima edizione del Playfestival 1.0 di Roma, concorso dedicato alle compagnie under 40.
Una generazione di eterni giovani, studenti e coinquilini, che la compagnia Proxima Res porta sulla scena per esplorare e raccontare con ironia e grande divertimento una nuova classe sociale: una generazione di disagiati, precari non solo nel lavoro, ma anche nei sentimenti e nelle relazioni. Dalla resilienza agli stage, dal precariato alla decrescita felice, si disegna l’agognato disinteresse alla vita, attraverso un gioco al massacro in cui anche il pubblico diventa carnefice.
Così lo spettacolo – di e con Enrico Pittaluga, Graziano Sirressi, Alessandro Bruni Ocaña, Luca Mammoli, per la regia Riccardo Pippa (anche co-autore) – si presenta come un cinico e spassoso gioco dell’oca che mira all’annullamento. Gli attori sono i promotori e i profeti del disagio-pensiero, ovvero sono i rappresentanti di questa nuova classe nell’era dell’annullamento delle classi sociali: proletari senza prole, non più figli, ma non ancora padri, non hanno più la paghetta, ma non hanno ancora lo stipendio, sono bulimici di informazioni e avari di pensiero, e pertanto corrotti e segnati dalle nuove dipendenze, quelle da smartphone, da social network, da shopping on-line.
«Lo spettacolo nasce da una drammaturgia collettiva: gli attori scrivono per il proprio personaggio e per gli altri – come si legge nelle note di regia – Si parte da tematiche condivise, titoli, spunti, situazioni che ognuno sviluppa. I testi sono poi modificati da tutti, messi alla prova in improvvisazione e scambiati tra i vari attori/autori. È la prima drammaturgia del gruppo, che si cimenta anche nella scrittura, dopo aver maturato un’esperienza fino ad oggi prettamente attoriale. Lo spettacolo entra in contatto col pubblico, nelle cui mani la storia viene completamente consegnata». Disagio, crisi e voglia di cambiamento vengono trattate con un gioco di ribaltamento paradossale, invece di risolvere i problemi o lottare per un mondo migliore il pubblico viene invitato a scaricare tutti i suoi problemi su un attore che è un giocatore-pedina e che si contenderà con gli altri la possibilità di arrivare per primo alla casella finale: quella del suicidio. Varie prove e imprevisti faranno avanzare o indietreggiare i personaggi su un tabellone, anche grazie all’aiuto del pubblico.

Déjà vu 0 . 0

18.5.15 ,
Teatro Tordinona 6 Maggio 2015
Overground Studio e Ensemble Edizioni presentano
“Déjà vu 0 . 0"
Diario di bordo di uno sconosciuto
Scritto, diretto ed interpretato da Alessio Rizzitiello
Voce Narrante Clemente Pernarella
Musiche originali Endre Vazul Mandli
Scenografia Martyna Modzlewska
Disegni Jody Gorla
Video Overground Studio e Roberta Soru
Responsabile Organizzazione Alessio Rizzitiello
Un ringraziamento speciale a Francesco Rossini
Sulla scena prende vita, all’interno del flusso di coscienza di uno sgangherato personaggio immerso nel tentativo di recuperare la memoria, l’immancabile e persistente ripresentarsi di situazioni mai risolte.
Tutto ciò che gli resta dopo la caduta, dopo aver perso la memoria, è una serie di immagini, parole, appunti e sensazioni; sulla base dei quali si fonderà la possibilità di una differente presa di posizione, di una svolta individuale.
Parole, poesie, immagini, fumetti graffiati e istantanee in bianco e nero cercano di mettersi a fuoco e ricomporsi, per mezzo dell’analisi di quella che, prima della caduta, è stata “una vita passata”.
Il susseguirsi di istanti nei quali il vero e il sogno giocano a rincorrersi, dà vita ad un universo in costruzione, seguendo il percorso di rinascita di un antieroe dei giorni nostri alle prese con sé stesso.

Trovata una sega!

18.5.15 ,
Teatro Tordinona 10 Maggio 2015
TROVATA UNA SEGA!
Racconto su Livorno, Modigliani e “lo scherzo del Secolo” dell’estate 1984
di e con ANTONELLO TAURINO
Protagonista assoluto dello spettacolo è il Caso, che mise insieme in quell’estate una successione di eventi fortuiti talmente meravigliosa da rendere questa storia un “regalo del cielo”. La drammaturgia è perfetta, c’è solo da raccontare, e alcune coincidenze sono così incredibili che si stenta a crederci: può capitare, assistendo a questo spettacolo, di ascoltare qualche spettatore sussurrare al suo vicino frasi come “No.. non ci credo!” “Incredibile!”.. “No dai, questa se l’è inventata..”. L’intenzione era quella di fare uno spettacolo mettendo al centro proprio questa storia, quasi a voler far dimenticare al pubblico i consueti aspetti collaterali dell’evento teatrale: che è uno spettacolo, che c’è un attore di fronte, che si è in un teatro, e via discorrendo. La forma è quella della narrazione per “monologo e proiettore”, perché se la narrazione consiste nell’ evocare con la voce ciò che lo spettatore poi visualizzerà nella sua immaginazione, beh, la straordinaria bruttezza delle teste prese per autenticamente modiglianesche.. no, quella no, non c’è attore in grado di evocarla: bisognava farle vedere, il pubblico doveva goderne lo spettacolo. Da qui l’idea di proiettare, oltre alle foto dei “capolavori”, alcune immagini d’epoca, perché fungessero anche da testimonianza di ciò che lo spettatore altrimenti avrebbe difficoltà a credere. Dal punto di vista attorale il lavoro si è indirizzato verso un divertito mimetismo della galleria dei personaggi che popolano la storia, a partire innanzitutto dalla riproposta della parlata livornese. E in quella Livorno abbiamo veramente una gamma completa di tipi umani, dal comico al drammatico, dalla farsa alla tragedia: quasi come in Romeo e Giulietta, questa storia è anche una specie di guerra tra vecchi e giovani: Jeanne Modigliani (figlia del pittore, un’arcana sacerdotessa della verità la cui misteriosa morte apporta note thriller da “Ustica del mondo dell’Arte”) opposta alla vitale disperazione di Angelo Froglia (autore di due delle tre teste ritrovate, che col suo estremismo artistico pare uscito diretto da un romanzo di Dostoevskij); sapientissimi “dottori” sbertucciati (Vera Durbé e i critici d’arte) contro allegre brigate d’arlecchini burloni (i tre ragazzi che realizzarono per scherzo una delle tre teste). E troppi assessori “Brighella” e politici “Pantaloni” a completare il canovaccio da Commedia dell’Arte. Ha una presa straordinariamente accattivante questa ridicola sconfitta senza appelli dei grandi critici, perché ha significato una batosta clamorosa per un certo tipo di cultura altezzosa, occhialuta, accademica. I cattedratici tirati giù dal loro sacro scranno non solo ci ha fatto sbellicare, ma hanno fornito davvero spunti di riflessioni sul senso dell’arte e della cultura nella società mediatica. Questa vicenda, per tutta la critica d’arte mondiale, è davvero un punto di non ritorno. Da autore del testo, ho ovviamente dovuto consultare molti libri e documenti vari che trattavano la questione, tra cui citerei “La beffa di Modigliani” di Giovanni Morandi, una puntata di “Mixer” di Giovanni Minoli e il documentario “Le vere false teste di Modigliani”, di Giovanni Donfrancesco; il tutto corredato da interviste ai “tre ragazzi” e a Massimo Froglia, fratello dello scomparso Angelo. Infine, questa storia è anche una sintesi meravigliosa dell’italianità con tutti i suoi “tipi”, nonché uno spaccato quasi sociologicamente completo di quegli anni. Erano i goderecci e rampanti anni ’80, ma in quel decisionismo cialtrone ci sono i segni dell’attuale deriva. Sono passati trent’anni, ma sembra ieri, e il mix di superficialità ed urgenza di questi anni arruffoni, renderebbe possibile che ciò possa risuccedere anche oggi.

La piccola commedia

13.5.15 ,
Regia di Giulia Di Turi e Giovanni Deanna Con Giulia Di Turi e Giovanni Deanna Musica dal vivo (tastiere) di Gianluca Bucalo

Risorgimento POP

12.5.15 ,
Carrozzerie n.o.t 30 Aprile 2015
RISORGIMENTO POP
memorie e amnesie conferite ad una gamba
“Io ho creduto evocare l'anima dell'Italia
e non mi vedo innanzi che il cadavere” [ Giuseppe Mazzini, 1870 ]
drammaturgia e regia Marco Andreoli, Daniele Timpano
con Daniele Timpano, Gaetano Ventriglia
disegno luci Marco Fumarola
cadavere di “Giuseppe Mazzini” realizzato da Francesco Givone
progetto grafico di Pierluigi Rauco
musiche aggiuntive di Marco Maurizi
collaborazione artistica di Elvira Frosini
produzione amnesiA vivacE, Circo Bordeaux, RialtoSantambrogio, Voci di Fonte - Festival di Siena
con il sostegno di “Scenari Indipendenti” - Provincia di Roma
in collaborazione con Ozu, Area 06, Centro di Documentazione Teatro Civile, Consorzio Ubusettete
L’Italia non risorge. L’Italia non c’è. La Storia non c’è. Perché è sempre inattendibile, la Storia. Nella ricostruzione dello storico, come nei ricordi dei testimoni, nelle fiction, come nei romanzi, negli spettacoli dei Baliani e dei Paolini, dei Timpano, degli Enia e dei Celestini, così come nella Tv di Alberto Angela. E allora bisogna prendere tutto con le pinze perché tutto, ahinoi, dev’essere interpretato, aggiornato e discusso. Le cinque giornate di Milano, l’impresa dei Mille, Porta Pia e Pio IX, Garibaldi e Mazzini: altrettanti momenti e figure che propaganda, vulgata e retorica hanno appiattito, sbiadito e incastrato in quel mito di fondazione forzato, immaginario e falsamente concorde che chiamano Risorgimento.Con almeno un risultato di rilievo: che la parola Risorgimento, con buona pace di leghisti, neoborbonici e papisti, ci piace tanto. Come ci piace la pizza Margherita, tanto per restare in tema, e Garibaldi che comanda, e il panorama del Gianicolo, e le due chiacchiere a Teano, e Nino Bixio, uno dei mille, e persino l’inno di Mameli.Perché tutto questo è pop. Non semplicemente popolare. Popolare è Pippo Baudo, popolari sono Albano e Miss Italia, Gigi D'Alessio e la Tatangelo, popolare è il partito di Casini. Ma Sergio Leone, cavolo, è pop; il Bacio Perugina è pop; Madonna, Battisti, Caparezza e Rey Mysterio sono pop. E Britney Spears: anche lei è pop. Anzi; la sua giovinezza è quasi neogaribaldina, così come le sue resurrezioni, i suoi rutti post-glamour, la sua retorica virginale.E l’Italia? Con tutte le sue recrudescenze, con lo splendore millantato, con le mafierie del quotidiano, che cos’è oggi l'Italia?
Risorgimento pop è uno spettacolo sull’Italia che non c’è, sull’Italia che non sorge, che se è risorta, è rimorta, uno spettacolo sul Risorgimento, sui quattro padri della patria, Mazzini, Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele, e sul suo antipapà, Pio IX. Due attori, risorti e rimorti, immortali cadaveri, soli in scena, in mancanza di Italia. Per un risorgimento pop.

Senza trama e senza finale

12.5.15 ,
Teatro Argot Studio 5 Maggio 2015
SENZA TRAMA E SENZA FINALE
studio dai Racconti di Anton Cechov
uno spettacolo di Macelleria Ettore_teatro al kg
testo e regia Carmen Giordano
con Claudia de Candia, Stefano Pietro Detassis, Maura Pettorusso e Angelo Romagnoli
La grandezza e l’immortalità della drammaturgia di Cechov consiste nella sua capacità di rinnovarsi continuamente: inoltrandosi nei meandri della sensibilità umana, indagando le dinamiche dei rapporti interpersonali e mettendo a nudo le dinamiche psicologiche tanto collettive quanto individuali, Cechov è uno di quegli artisti che continuano a parlare, a commuovere, a scuotere le coscienze anche a distanza di centinaia di anni. Tornare a Cechov non solo significa omaggiare un grande classico, ma soprattutto compiere un percorso di scoperta dell’anima umana che coincide con un viaggio tra le specificità spirituali dell’arte teatrale; per questa ragione, un attore o un regista non possono prescindere da Cechov per perfezionare la loro tecnica e comprendere a fondo il significato autentico dell’esperienza teatrale.
Questo l’hanno ben compreso i membri del gruppo Macelleria Ettore_teatro al kg, presieduto dalla regista Carmen Giordano, che hanno deciso di adottare Cechov come strumento laboratoriale, potemmo dire, che ha la finalità di sperimentare e perfezionare attraverso un percorso – a sua volta – cechoviano le peculiarità interpretative e artistiche in senso lato. Cechov diventa così il compagno di viaggio che consente di addentrarsi nel mondo teatrale, e il progetto che parte con la messa in scena di Senza trama e senza finale– al teatro Argot dal 5 al 7 maggio – troverà il suo culmine nella messa in scena, nel 2016, di uno dei capolavori dello scrittore russo, ovvero Il giardino dei ciliegi. L’idea di fondo è più che suggestiva, potremmo sostenere persino illuminante: si tratta di concepire il lavoro teatrale come un percorso, uno studio, una scoperta e non una sterile e immediata proposta recitativa.
È evidente in quest’opera, infatti, come i quattro attori coinvolti, i bravissimi Claudia de Candia, Stefano Pietro Detassis, Maura Pettorusso e Angelo Romagnoli, abbiano concepito Senza trama e senza finale come un’indagine su loro stessi, sul loro corpo, sulla loro gestualità e anche sulla loro emotività; i Racconti di Cechov in questo sono perfetti, perché, come attesta il titolo dello spettacolo, sono frammenti sparsi, parti che non trovano alcuna organicità finale, dove i fatti e gli eventi si rincorrono in assenza di un ordine che possa dare senso al tutto. D’altronde, si tratta della vita stessa, che non è mai risolta da teoremi o da spiegazioni esaustive: per questo lo spettatore si trova a inseguire sketch nei quali gli attori cambiano repentinamente identità, interrompendo delle situazioni caratterizzate da tutta la gamma degli stati d’animo e delle modalità di comportamento umani, per lasciare spazio ad altre. In questo movimento vorticoso, il disegno luci è calibrato e preciso, riesce a seguire lo sforzo intenso degli attori, ai quali la moltitudine di sfaccettature dell’universo narrativo cechoviano offre il materiale più utile, da un lato, per migliorarsi in quanto attori e, dall’altro lato, per scavare nel profondo della loro esistenza.
In tutto ciò, allora, il percorso cechoviano della compagnia segue un doppio binario, perché se si rivolge al pubblico così come è prerogativa del teatro (che senza un palco e un pubblico non esisterebbe), allo stesso tempo risulta evidente agli spettatori stessi come, tanto gli attori quanto gli altri membri dello staff, stiano usando il teatro per crescere attraverso di esso e scoprire loro stessi. A ben vedere però, non si tratta di un doppio binario, bensì di due facce della stessa medaglia.

Bios

12.5.15 ,
Teatro Tordinona 5 Maggio 2015
Compagnia Pietribiasi/Tedeschi
presenta
BIOS
regia: Cinzia Pietribiasi
con: Cinzia Pietribiasi e Pierluigi Tedeschi
testi: Pierluigi Tedeschi
elaborazione video: Cinzia Pietribiasi
foto di scena: Annarita Mantovani
Partendo dall'opera narrativa dello scrittore argentino Julio Cortázar, BIOS tenta l'esplorazione del "sentimento di non esserci del tutto". Attraversare i corpi, l'immagine dei corpi. Attraversare le parole, il segno, il suono.Ogni elemento rimanda e riverbera nell'altro. Si stratifica. Moltiplicando i piani della visione. Un uomo virtuale si sovrappone al corpo reale. Gioca quasi, ne diventa inattesa incarnazione e duplicità. Un sopra\sotto, davanti\dietro, questo\l'altro, inquieto e conturbante. La voce off propone "istruzioni per l'uso della giornata" distopiche: precise, dettagliate, senza via di scampo. Il suono è noise, rumore rosa, musica concreta, citazione: stratificazione di clusters. Dietro\oltre, un corpo femminile si vede appena, nello stupore di una "traslucenza" quasi fetale.

Meeting Internazionale del Tamburello

10.5.15 ,
Meeting Internazionale del Tamburello
VII Edizione
Roma 10-11-12 maggio 2013

Guarda Video

La prima manifestazione interamente dedicata al tamburello italiano e ai tamburi a cornice di altre culture La Società Italiana Tamburi a Cornice presenta

link: www.tamburellomeeting.com

HAMLETOPHELIA

4.5.15 ,
Teatro Tordinona 24 aprile 2015
HAMLETOPHELIA
(s h a k e s p e a r e + m u l l e r )
drammaturgia e regia Luca Gaeta
con (in ordine di apparizione sul palco della vita)
Massimiliano Vado, Salvatore Rancatore, Federica Rosellini.
Live painting Alessandro Vitale.
Costumi Laura Di Marco.
Attraverso l’utilizzo dell’immagine simbolica più forte del teatro moderno, ossia la figura di Amleto, si realizza sulla scena il concetto di negazione del presente e rifugio nel giardino del ricordo, della difficoltà e della fuga dalle responsabilità.
Amleto, interpretato da Massimiliano Vado, resta un eterno bambino, relegato in un ovattatokindergarten, in cui oggetti, odori e sapori rievocano lo stato infantile che il protagonista non riesce a superare.
Ophelia circonda, accompagna e asseconda Amleto nella sua follia: bambola senz’anima destinata a un finale tragico. L’origine dei mali di Amleto si nasconde quindi nell’infanzia, dove un unico personaggio aveva accesso alla sua serenità, il buffone di corte Yorick: il giocattolo mancante che con una sorta di flash-foward dall’aldilà ci racconta l’esistenza ancora da compiere e i perché irrisolti del protagonista. La drammaturgia dello spettacolo, ispirata all’Hamlet di William Shakespeare e all’Hamletmachine di Heiner Muller, è contaminata dall’utilizzo di altre forme artistiche, la video-arte, la pittura e la musica, per esasperare il concetto di possibilità di scelta, e per rafforzare così la fuga da essa, e per moltiplicare l’effetto dell’isolamento sui protagonisti.
La stanza di Amleto è proprio come quella di un bambino: c’è la tv, la radio, il computer, i giocattoli…tutti strumenti accesi, tutti nello stesso momento, tutti inutilizzai, perché la noia ci invade già da piccoli, quando dobbiamo scegliere con cosa giocare, e allora consumiamo tutto in una bruciante Nausea.
La reiterazione del tempo che fu; la sindrome di Peter Pan come elemento che contraddistingue l’odierna generazione; non un viaggio nell’infanzia, ma più una fuga come regressione emotiva indotta dall’arte, un salto verso le fantasie e paure di un tempo ma con gli occhi del presente. L’uomo rinchiuso nel suo kindergarten, nel sogno infinito dell’infanzia dove tutto è scelto; nessuna scelta, nessuna responsabilità. La negazione del destino, che come un fantasma futuro, lo pone davanti alla crescita.
La distruzione dell’amore che lo richiama al cambiamento.
Il rifiuto della donna, innamorata o madre che sia, condannata per il peccato che è nel suo grembo; la vita. La follia nata dal deserto emotivo che porta alle estreme conseguenze, la morte. (Luca Gaeta)

Black Reality – Aspettando, cercando…

4.5.15 ,
TEATRO FURIO CAMILLO 25 Aprile 2015
Black Reality – Aspettando, cercando…
idea e regia di GIANLUCA RIGGI, VALERIO GATTO BONANNI
con Flavio Ciancio, Valerio Malorni Camilla Bertini, Flavio Ciancio, Valerio Malorni, Cristiana Vaccaro, Gladys Stephen, Mohamed Alimarouf, Shakhawat Hossain, Mohamed Kamara, Mabel Igbinedion Obasuyi, Simo El Idrissi, Adil El Gaadiri, Ishtiaq Khan
preparazione ritmica Alessio Brugiotti
aiuto regia e scene Federica Fiorenza e Francisco Garcia
luci Rocco Giordano
grafica Bruno Valente
ufficio Stampa Bendetta Cappon
in collaborazione con Provincia di Roma – Arci Malafronte
produzione TEATRO FURIO CAMILLO, SEMIVOLANTI, Fondazione RomaEuropa
Cinismo, sarcasmo, sberleffo spesso sono usati dal teatro come strumenti per decifrare la realtà, anche le più dolorose e inquietanti: è il caso di Black Reality, ciclo di spettacoli dedicato ai migranti e inventato da Valerio Gatto Bonanni e Gianluca Riggi, che con Black Reality. Aspettando, cercando… giunge alla sua seconda edizione.
La prima edizione di Black Reality (2012) puntava la sua attenzione sul viaggio e le sue aspettative. Quest’anno invece indagherà l’attesa, vista come condizione straniante; l’attesa per il migrante diviene uno stato esistenziale che stravolge le relazioni e la visione del mondo come ha descritto Beckett, una terra di nessuno che mina l’identità del migrante poiché lo tiene sospeso nella non-azione, nell’incapacità di costruire rapporti stabili sull’avvenire, rendendolo instabile come sono spesso le nostre esistenze.
Per il migrante è la condizione straniante di chi sempre aspetta: un permesso di soggiorno, un lavoro, un tetto, un foglio di via, il lavoro, una banalissima telefonata o il temutissimo rimpatrio coatto. Un’incertezza generatrice di un pensiero corto, di vite dipendenti da quel che accade o potrebbe accadere, dove memoria, desiderio, futuro, perdono significato.
Per dare carne e sangue a questa idea Black Reality porta sul palcoscenico un gruppo di migranti, coagulato in un anno di laboratorio teatrale, con spunti e testi liberati in una scrittura scenica creata sul vissuto.
Uno spettacolo condotto con humour nero, con l’obiettivo di scrostare la realtà dai luoghi comuni, metterli alla berlina, anche attraverso i mezzi della satira e dell’avanspettacolo, irridere senza troppi complimenti la pretesa di tanti spettatori di sentirsi con la coscienza a posto. Il gioco di Black Reality continua. Aver scelto di rimanere in un paese straniero può rivelarsi molto crudele!

Don Quijote

4.5.15 ,
Teatro Vascello 22 aprile 2015
 AcT_Cie Twain physical dance theatre
DON QUIJOTE
coreografia e regia Loris Petrillo
consulenza musicale Pino Basile
musiche Pino Basile, aa vv
consulenza drammaturgica Massimiliano Burini
interpreti Nicola Simone Cisternino, Yoris Petrillo, Giacomo Severini Bonazelli
disegno luci Loris Petrillo
con il contributo di OFFicinaTwaIN_Centro Promozione Culturale_Regione Lazio
con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo
Quella di Don Quijote è una follia sana. Spinta da un impulso interiore che ne deforma la realtà, tanta è la voglia di cambiarla. Il "folle" cavaliere ci mostra il problema di fondo dell'esistenza, cioè la delusione che l'uomo subisce di fronte alla realtà, la quale annulla l'immaginazione, le proprie aspettative, la realizzazione di un progetto di esistenza con cui l'uomo si identifica. Non è quindi difficile immaginarci come lui, oggi. Eterni cavalieri che combattono quotidianamente con i mulini a vento di una società decadente. Il Don Quijote contemporaneo è un uomo che viene illuso, deluso, ingannato e si trasforma da sognatore ironico e spensierato in un personaggio tragico, che prima di dichiararsi risanato e pentito, e dunque vinto, sul letto di morte, esclama: io sono nato per vivere morendo".
"Non muoia, signor padrone, non muoia. Accetti il mio consiglio, e viva molti anni, perché la maggior pazzia che possa fare un uomo in questa vita è quella di lasciarsi morir così senza un motivo, senza che nessuno lo ammazzi, sfinito dai dispiaceri e dall'avvilimento..." E' a queste parole, quelle che Sancho Panza rivolge al suo cavaliere errante in fin di vita, che Loris Petrillo si ispira per affrontare il suo nuovo lavoro coreografico. Un inno alla resistenza, al coraggio, un invito a rimettersi in piedi per combattere la delusione che si subisce di fronte alla realtà. Oggi come centinaia di anni fa, l'uomo si ritrova a subire una visione crudele della realtà che non ha spazio per l'immaginazione, la fantasia, le aspettative, la realizzazione di un progetto di esistenza con cui identificarsi. Da sempre l'uomo è stato costretto dalle vicende della vita a ripetuti compromessi, a sconfitte, a tristezze, ma con un pizzico di idealismo ogni folle potrebbe essere più savio di quanto si possa credere e scoprire, contro ogni apparenza, la vera essenza dell'esistenza. Con la sua sete di giustizia, il Don Quijote di Loris Petrillo, è quel qualsiasi ma non qualunquista uomo che non teme di essere sconfitto e che anzi cerca il continuo confronto come fonte di conoscenza, quell'uomo che non si stanca di combattere, che se cade non ha timore a rialzarsi e più forte di prima, quell'uomo che crede fortemente nei grandi ideali e si batte contro gli pseudo-principi privi di ragione, quell'uomo disposto ad affrontare il lungo viaggio della ricerca del proprio io per perdersi tra i labirinti del mondo. Attraverso il carattere e la personalità dei personaggi del capolavoro seicentesco di Cervantes, Don Quijote, Sancho Panza e Ronzinante, lo spettacolo affronta i temi più profondi dell'esistenza dell'uomo ma senza tralasciare gli aspetti più grotteschi ed esilaranti degli stessi che per fortuna pure gli appartengono. Lo stesso spettacolo, ora più simile ad una parodia ora ad un elaborato di più complesso spessore, è proprio per questo, soprattutto un viaggio simbolico nei meandri dell'esistenza.

Sweet Home Europa

4.5.15 ,
Teatro India 23 aprile 2015
Sweet Home Europa
Una genesi. Un esodo. Generazioni
di Davide Carnevali | regia Fabrizio Arcuri
con Matteo Angius, Francesca Mazza
Michele di Mauro
musiche composte e eseguite dal vivo
Davide Arneodo, Luca Bergia (Marlene Kuntz) + Nico Note
ideazione progetto scenico Andrea Simonetti
sculture sceniche esplosive
Riccardo Dondana (3tolo) e Enrico Gaido
assistente alla regia Francesca Zerilli
Quello che accade qui, accade nello stesso paese, in epoche differenti.
Oppure in paesi differenti, nella stessa epoca.
In fondo non importa nemmeno dove e quando accada.
Per questo non è necessario stabilire né una topologia, né una cronologia degli eventi.
Tanto la storia universale tende a ripetersi.
Sovrapponendosi alle storie personali, che si tramandano di generazione in generazione.
Per sempre.
Oppure fino alla loro scomparsa.
Dopo le divisioni del secolo XX, nel vecchio continente il grande progetto politico del secolo XXI è quello di costruire la Grande Casa Europea. In un discorso davanti al Consiglio d’Europa, il 5 ottobre 1998, Michail Gorbaciov auspicava “un ampio spazio di cooperazione in cui tutti si sentiranno a proprio agio, come se si trovassero nella propria casa”. L’immagine della casa è ripresa anche da Benedetto XVI in un discorso davanti al rappresentante della Commissione delle Comunità Europee presso la Santa Sede, del 19 ottobre 2009, in cui parlava di un territorio che è “più di un continente, una ‘casa spirituale’”, rivendicando le radici cristiane dell’Europa.
“SWEET HOME EUROPA è un testo sul problema dell’integrazione. Sulla possibilità e la capacità di accettare l’estraneo, lo straniero, l’altro. Un Uomo, una Donna e Altri uomini sono i protagonisti di differenti storie particolari e allo stesso tempo di una stessa storia collettiva – quella di una famiglia, di un popolo, dell’umanità intera – che, nel continuo incontro e scontro tra civiltà, sembra ripetersi in eterno. Sull’Altro uomo ricade il peso delle generazioni precedenti e di quelle successive, il peso di una tradizione secondo la quale chi non può vivere nella propria terra ne cerca un’altra in cui fondare una casa e una famiglia, per un nuovo posto in una nuova società. L’Uomo che nella propria comunità occupa invece una posizione di potere – politico, economico, culturale – farà di tutto per mantenere il privilegio di cui gode ed esercitarlo a suo vantaggio, a discapito del debole. La Donna, dal canto suo, cercherà sempre il suo ruolo in una società occidentale che, mentre critica quella orientale, tarda ancora a riconoscere la reale parità tra i sessi. A quasi vent’anni dalla nascita della UE, la Grande Casa Europea è un “cantiere ancora aperto”, come lo definiva Gorbaciov. Ma in che direzione stanno andando i lavori? Stiamo costruendo uno spazio privilegiato per la garanzia dei diritti umani, o stiamo solo recintando una proprietà privata per vietarne l’accesso a chi non è desiderato? Questa Casa sarà una casa accogliente? A chi sarà davvero disposta ad aprire le sue porte?”
(Davide Carnevali)

#Tessuto

4.5.15 ,
Teatro Due 29 aprile 2015
#TESSUTO
da un’idea di Daniela Scarpari
scritto da Alessandra De Luca
con Daniela Scarpari
Cascina Barà – Capannoli (PI)
Teresina è un’immigrata scomparsa misteriosamente. Mia, sua figlia, non conosce le sue origini, ha bisogno di costruire un nesso fra la persona che è ed il suo passato. Con questo spirito affronta un lungo viaggio per cercarla, ma ciò che trova è il diario di tessuto incompleto iniziato da sua madre insieme ad una casa vuota. Emigrazione, maternità, clandestinità e lavoro sono i protagonisti di uno spettacolo giocato su un rivoluzionario dialogo tra diverse esperienze artistiche: musica, diario di tessuto e disegno digitale.
 
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